NEL CUORE DI ROMA
I personaggi istriani, fiumani e dalmati
La Capitale e le tante vie che ricordano terre contese ed eroi esuli. Il Quartiere Giuliano Dalmata e il Quartiere Trieste, la zona della Cecchignola e di Prati...
La Capitale, una città stretta nella morsa del traffico dove i suoi cittadini corrono prestando poca attenzione a ciò che si può nascondere dietro un nome, magari impresso sulla targa di una via. In questo lungo documento del dottor Marino Micich, c'è un elenco di alcuni di quei nomi. Tante storie da leggere...
Molti sono nel quartiere Giuliano-Dalmata il cui cuore pulsante è la sua piazza, il vero “ombelico” dell’ex Villaggio giuliano ora inserito nel piùvasto Quartiere Giuliano-Dalmata. Su di essa si affaccia la chiesa parrocchiale di San Marco evangelista in Agro Laurentino, cui sono annessi il teatro Sammarco, la cappella votiva con i diciotto mosaici dei santi patroni delle principali città istriane, fiumane e dalmate. Di fronte alla chiesa vi è il mosaico L’Esilio, monumento all'esodo, opera dell’artista polesano Amedeo Colella (1922-1975), già funzionario dell'Opera per l’assistenza ai profughi giuliani e dalmati. La piazza accoglie la stele con in alto la lupa bronzea donata dalla città di Roma a Pola, in occasione dell’annessione della città all’Italia dopo la prima guerra mondiale; i polesani nel 1947 portarono questa lupa, dall’area antistante all’arena romana, con sé in esilio. Dopo un lungo periodo di giacenza nei magazzini degli Arsenali di Venezia, la lupa venne posta il 28 maggio 1972 nei giardinetti dopo l’abbattimento della vecchia chiesetta. In tale occasione venne collocato sul lato esterno della nuova chiesa anche un leone marciano scolpito in pietra d'Istria, donato agli esuli dalla nobile famiglia veneziana dei Foscari. La piazza ha avuto una notevole risistemazione nel 2005 e i monumenti sono stati messi in maggior risalto. Nel 2006 i giardini, dove si trova la Lupa di Pola, sono stati intitolati al maestro, esule del Carso fiumano, Lodovico Zeriav (1913-1999), con una cerimonia solenne alla quale ha partecipato il sindaco di Roma Valter Veltroni.
Villaggio giuliano-dalmata – Stazione metro Laurentina - via dei Corazzieri - Cecchignola
Bacci, Icilio via (Fiume, 1879 - ?, 1945). Avvocato e politico. Laureatosi in giurisprudenza all’Università di Camerino nel 1902, svolse la sua attività politica sia a Fiume che in Italia lottando per l’italianità della sua città natale. Fu uno dei fondatori della società irredentistica la Giovine Fiume, partecipando nel contempo alle attività di altre istituzioni culturali presenti a Fiume all’inizio del XX secolo: il Circolo Letterario, la Biblioteca Manzoni, la Filarmonica Drammatica. Nel 1907 fondò il periodico letterario La Vedetta. L’anno dopo fu eletto consigliere municipale, giungendo a ricoprire, nel 1910, la carica di vice podestà. Di sinceri sentimenti irredentisti, Bacci si arruolò nel 1915 come volontario nel regio esercito italiano. Terminato il conflitto poté finalmente rientrare a Fiume ove fu eletto membro del Consiglio nazionale italiano, che il 31 ottobre 1918 proclamò l’annessione di Fiume all’Italia. Durante l’impresa di Fiume fu tra i più apprezzati collaboratori di D’Annunzio che lo nominò, nell’ambito della Reggenza italiana del Carnaro, rettore per la giustizia. Dal 1929 al 1936 ricoprì la carica di preside della provincia del Carnaro. Il 23 gennaio 1934 venne nominato senatore del Regno d’Italia dal re Vittorio Emanuele III. La alte cariche ricoperte lo portarono a prodigarsi molto per la soluzione dei problemi sociali ed economici della sua città. Dopo l’8 settembre 1943 non aderì alla Repubblica Sociale Italiana ma rimase fedele allo schieramento italo-tedesco. Nel 1945, ormai quasi settantenne, pensando di poter essere ancora una volta d'aiuto ai suoi concittadini, pur essendo stato sollecitato da più parti a lasciare la città rimase al suo posto anche dopo l’occupazione dei partigiani slavi. Il 21 maggio 1945 fu proditoriamente arrestato ed incarcerato dalla polizia segreta jugoslava. Intorno alla sua fine non si hanno notizie certe, ma da una lettera del gennaio 1946 dell’ avvocato Mandich di Abbazia inviata alla moglie, risultava che il senatore Icilio Bacci era stato trasferito nelle carceri di Karlovac, dove era stato processato e fucilato.
(Foto ritratto)
Bartoli, Matteo via, (Albona, 1873 - Torino, 1946). Linguista. Matteo Bartoli, istriano di grande fama, si segnalò all'attenzione degli studiosi fin dalla discussione della sua tesi di laurea sostenuta nel luglio 1898 all'Università di Vienna, avente come oggetto il dialetto dell’isola di Veglia. La tesi riscosse un grande interesse e, su proposta del suo professore l'Accademia viennese delle scienze inviò il giovane Bartoli in Dalmazia per completare gli studi e far sì che la sua tesi sul veglioto diventasse uno studio più ampio e completo. I risultati finali dei suoi studi furono pubblicati in lingua tedesca nel 1906, presso l'editore viennese Alfred Hölder, con il titolo Das Dalmatische. L’edizione in italiano di quest’opera, curata dal glottologo zaratino Aldo Duro, è stata stampata di recente con il titolo Il Dalmatico (2000) per i tipi dell'Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani. Dal 1907 Bartoli insegnò all'Università di Torino e nel 1910 pubblicò il suo primo scritto di neolinguistica Alle fonti del neolatino, a cui faranno seguito altre opere fondamentali per i principi teorici della linguistica come l’Introduzione alla neolinguistica (1925) e il Breviario di neolinguistica (1927). A lui si deve anche l'elaborazione del metodo della linguistica spaziale, che tende a studiare la cronologia dei fatti linguistici sulla base della loro distribuzione geografica, metodo che esporrà nel libro Saggi di linguistica spaziale (1945). Bartoli contribuì per anni alla stesura dell’Atlante linguistico italiano, dedicandosi anche a ricerche di carattere etnografico sulle letterature popolari albanese, ungherese e finnica.
Brunelli, Vitaliano via (Ancona, 1848 - Zara, 1922). Storico e professore. Brunelli giunse a Zara ancora fanciullo dalle Marche e trascorse nella città dalmata tutta la sua vita. Operò per lunghi anni come maestro e studioso di storia patria, quale esperto di archeologia e di paleografia, fu un attento critico e divulgatore di fonti storiche. Direttore per molti anni della biblioteca civica Paravia, Brunelli fu molto attivo anche in campo politico sostenendo sempre con accortezza le tesi e i programmi degli autonomisti dalmati. Allo scoppio della prima guerra mondiale Brunelli divenne sostenitore dell’irredentismo dalmata, producendo innumerevoli saggi fondamentali per la conoscenza della storia locale. I suoi contributi scientifici furono pubblicati per la maggior parte nella Rivista Dalmatica. Nel 1913 diede alle stampe l’importante e ineguagliata opera storica dal titolo Storia della città di Zara dai tempi più remoti al 1409.
Biondi, Gianfrancesco via (Lesina, 1572 - Auborme in Svizzera, 1644). Romanziere e storiografo. Biondi nacque nella bella isola dalmata di Lesina di fronte a Spalato, in un periodo molto fervido per tutta la Dalmazia sia per la cultura scientifica sia per quella letteraria. Biondi studiò a Padova e a Venezia stringendo rapporti di amicizia con Paolo Sarpi e l’ambasciatore inglese sir Henry Walton. In Veneto conobbe anche Galileo Galilei. Nel 1613 Biondi si trasferì a Basilea e poi a Londra, dove fu nominato gentiluomo di camera e poi cavaliere alla corte di Giacomo I Stuart. Tra le sue opere più importanti figurano i romanzi Tramena (1624), La donzella desterrada (1640) e l’opera storiografica Istoria delle guerre d’Inghilterra fra le due case di Lancaster e di York (1635).
Cerva, Lodovico via (Ragusa, 1455 - 1527). Storico. Lodovico Cerva iniziò gli studi nella sua città natale, prendendo il nome di Luigi quando entrò nell’ordine benedettino. A Parigi ottenne il soprannome di Cervario Tuberone, il valente storico latino. Per un periodo soggiornò a Budapest presso la corte del re Mattia Corvino, grande mecenate dell’epoca. Impegnato nella salvaguardia della cristianità minacciata dall’irresistibile avanzata dei turchi ottomani nei Balcani, Cerva fu molto attivo nello scrivere e divulgare la storia delle terre dalmate, in particolare producendo studi sulla libere origini di Ragusa e polemizzando soprattutto contro i veneziani che ambivano a conquistarne la dedizione. Cerva fu anche molto critico sia nei confronti del papato che di Venezia per le strategie, non sempre efficaci, che adottavano contro i turchi. Tra le sue opere più importanti, pubblicate postume in latino, figurano il De Turcarum origine (1590) e il De origine et incremento urbis Rhacusanae (1790).
Cippico, Antonio via (Zara, 1877 - Roma, 1935). Letterato, giornalista e politico. Il conte Antonio Cippico, laureato in giurisprudenza all'Università di Vienna nel 1901, dopo un lungo soggiorno di studio a Londra si stabilì a Roma dedicandosi al giornalismo letterario e politico. Cippico diresse in particolare la Rivista di Roma e collaborò al Marzocco, pubblicò saggi letterari e poesie, tradusse infine La gaia scienza di Nietzsche e il Re Lear di Shakespeare in italiano. Dal 1906 si trasferì di nuovo a Londra come docente di letteratura italiana all'University College, di cui divenne professore ordinario dal 1911 al 1928. Interventista e sostenitore dell'italianità della Dalmazia Antonio Cippico venne imputato di alto tradimento dalla procura austriaca. Nel 1915, ottenuta la cittadinanza italiana, partecipò come volontario alla prima guerra mondiale impiegato soprattutto nella propaganda. Nel 1919 prese a collaborare al Popolo d'Italia, appoggiando con fervore patriottico l'impresa di Fiume. Senatore del Regno d’Italia dal 1923, ebbe vari incarichi pubblici tra i quali la partecipazione alla delegazione italiana alla Società delle Nazioni dal 1925 al 1928 e la presidenza di una sezione del Consiglio superiore dell'educazione nazionale. Bibliofilo e cultore dell'editoria di pregio, fu presidente della Giunta d'arte per le pubblicazioni dello Stato e seguì l'attività dell'Istituto poligrafico dello Stato. Dal 1930 fino alla sua scomparsa fece parte del consiglio direttivo dell'Associazione italiana biblioteche e fu relatore al primo congresso nazionale tenutosi a Roma nel 1931. Le sue carte e i suoi libri sono conservati nella biblioteca del Senato. Cippico fu sepolto nel cimitero acattolico di Roma situato accanto alla Piramide Cestia.
De Berti, Antonio via (Pago, 1889 - Roma, 1952). Magistrato e politico. Nativo della bella e pietrosa isola di Pago in Dalmazia, De Berti fu allievo del famoso liceo Dante Alighieri di Trieste, nello stesso periodo in cui si formarono tanti intellettuali giuliani e dalmati come Giani Stuparich e Scipio Slataper. Successivamente si laureò in giurisprudenza all'Università di Graz. Di convinzioni politiche mazziniane e fervente irredentista, nel 1921 fu eletto deputato nel collegio di Pola italiana. Dopo l’avvento di Benito Mussolini al governo De Berti cominciò a manifestare sinceri sentimenti antifascisti, decidendo di militare in clandestinità tra i socialisti riformisti a fianco di Ivanoe Bonomi. Dopo l'8 settembre 1943 De Berti entrò a far parte del Comitato di liberazione nazionale della Venezia Giulia; successivamente fu tra coloro che predisposero l'esodo da Pola nel 1947 e gli fu affidato il compito di organizzare le trasmissioni di “Radio Venezia Giulia”. Nel 1946 entrò a far parte della Consulta nazionale, e trasferitosi a Roma, ricoprì importanti incarichi politico-amministrativi divenendo anche consigliere di Stato. Con l’arrivo massiccio degli esuli polesani in Italia De Berti ispirò e sostenne la fondazione del notiziario L'Arena di Pola per dare una voce agli esuli istriani sparsi in tutta l’Italia. Morì a Roma nel 1952 ma per volere della famiglia la sua salma fu inumata a Capodistria..
De Suppé, Francesco via (Spalato, 1819 - Vienna, 1895). Musicista e compositore. Il suo vero nome era Francesco Ezechiele Ermenegildo cavaliere di Suppé-Demelli. Iniziò gli studi musicali a Zara dove compose la Missa Dalmatica; soggiornò per qualche anno a Trieste per poi affermarsi a Vienna. Nella capitale dell’impero si dedicò prevalentemente al genere dell’operetta, nel quale ebbe grande successo, arrivando a far rappresentare ben trenta opere. Scrisse anche musiche di scena, opere liriche, Lieder e musica sacra. Tra le sue opere più importanti figurano: La dama di picche (1862), La bella Galatea (1865), La cavalleria leggera (1866) e Isabella (1969).
Dudan, Alessandro via (Verlicca, 1883 - Roma, 1957). Storico, giornalista e uomo politico. Dudan nacque a Verlicca, un paesino dell’entroterra dalmata vicino Tenin (in croato Knin). Sin da adolescente visse a Spalato dove compì gli studi liceali; successivamente si recò a Vienna per gli studi universitari e ben presto cominciò a frequentare alcuni circoli irredentistici. Osservatore acuto dei problemi politici, iniziò nel 1914 la sua attività di giornalista. Nel 1915 si arruolò volontario nell’esercito italiano. Dudan avversò sempre con decisione le pretese slave sulla Dalmazia esaltando in particolar modo la tradizione neolatina presente da secoli nelle città dalmate. Nel 1924 fu eletto deputato nel collegio zaratino. Nel 1929 fu eletto presidente dell’Istituto poligrafico dello Stato continuando a svolgere parallelamente un’intensa attività politica che lo portò, nel 1934, ad essere nominato senatore. L’adesione al fascismo non impedì a Dudan di esprimere più volte forti perplessità sulla politica estera di Mussolini. Dudan si impegnò anche sul versante della ricerca, arrivando a pubblicare due libri molto importanti: La dinastia degli Asburgo. Origini, grandezza e decadenza (in due volumi, 1914-1915) e La Dalmazia nell’arte italiana, anch’esso in due volumi (1920-1921). Morì esule a Roma nel 1957 non senza aver lottato per la causa italiana della Dalmazia, operando in seno all’Associazione nazionale dalmata e collaborando attivamente alla Rivista dalmatica con pubblicazione di articoli e recensioni.
Ghiglianovich, Roberto via (Zara, 1863 - 1930). Avvocato e politico. Terminato il primo corso di studi al ginnasio di Zara, Ghiglianovich si recò all’Università di Vienna dove si laureò in giurisprudenza. Tornò a Zara nel 1884, quando nella città regnava un clima d'incertezza e di timore provocato dalla decisa opera di croatizzazione che stavano subendo i principali comuni della Dalmazia. Ghiglianovich, insieme ad altri notabili, si dedicò con fervore a riorganizzare le fila degli autonomisti dalmati. In seguito fu uno dei principali sostenitori dell’italianità della Dalmazia affermando la necessità dell’annessione all’Italia della costa dalmata. Ghiglianovich patrocinò l'istituzione della Pro Patria di Zara, istituì poi la Lega Nazionale, di cui fu il primo presidente, e ricostituì a Zara la Società Politica Dalmata. Insieme a Luigi Ziliotto (vedi → Luigi Ziliotto) fondò la Rivista dalmatica e riuscì a controllare l'indirizzo politico del quotidiano Il Dalmata. Allo scoppio della guerra fu nominato tenente di complemento dell'81° fanteria, ma la sua principale attività fu quella di contrastare le mire territoriali del nascente stato slavo del sud. Fu inoltre membro della direzione del Comitato centrale di propaganda per l'Adriatico italiano, dell'associazione Pro Dalmazia e del Patronato per i fuoriusciti irredenti. Processato in contumacia per alto tradimento, ritornò a Zara solamente il 4 novembre del 1918. Partecipò alla conferenza di Versailles aggregato alla delegazione italiana, ma poté fare ben poco per contrastare la pochezza diplomatica del governo di Roma: all’Italia alla fine andarono solo Zara e l’isola di Lagosta, il resto della Dalmazia fu ceduto agli jugoslavi. Nominato nel 1920 consigliere della Corte di Cassazione di Roma e quindi senatore, Ghiglianovich spese le sue ultime energie per cercare di sollevare l'economia di Zara. Morì a Gorizia il 2 settembre 1930.
Ghetaldi, Marino via (Ragusa, 1566 - Ragusa, 1626). Matematico e scienziato. Nato da una antica famiglia ragusea, iniziato agli studi filosofici e letterari, divenne infine un insigne matematico. Terminati gli studi a Roma e a Parigi Marino Ghetaldi intraprese lunghi viaggi di studio nelle maggiori città europee. A Lovanio gli venne offerta la cattedra di scienze matematiche, che però rifiutò per dedicarsi agli affari della sua città natia. La sua fama di studioso gli procurò la protezione di potenti famiglie italiane come i Morosini e i Barberini. Ghetaldi esercitò una grande influenza sui matematici del tempo grazie ai suoi studi sulle elaborazioni algebriche e geometriche, raccolti nell’opera De resolutione et composizione matematica uscita postuma a Roma nel 1630.
Giorgio da Sebenico via (Zara, 1400 ? - Selenico, 1475). Architetto. Giorgio da Sebenico, figura centrale del Rinascimento dalmata, discendeva dalla famiglia romana degli Orsini, che nel 1200 aveva ottenuto alcuni territori in Dalmazia da parte del re d’Ungheria Enrico II. Giorgio Orsini, formatosi a Venezia, si ispirò alle forme architettoniche presenti in Toscana e nella stessa città lagunare. Conosciuto anche con l’appellativo di “dalmata”, occupa un posto preminente nella storia dell’arte italiana del XV secolo per la genialità delle sue realizzazioni sia nel campo della scultura sia in quello dell’architettura. L’impronta lasciata nel duomo di Sebenico fece di Giorgio Orsini un caposcuola richiesto non solo in Dalmazia ma anche in Italia, soprattutto nel Veneto e nelle Marche. A Ragusa completò il Palazzo dei Priori, mentre ad Ancona iniziò nel 1452 la Loggia dei Mercanti e nel 1458 eresse il portale della chiesa di San Francesco. Sempre ad Ancona operò adottando forme gotiche rivisitate e originali nella chiesa di Sant’Agostino.
Gigante, Riccardo via (Fiume, 1881 - Castua, 1945). Politico e scrittore. Riccardo Gigante, nato a Fiume il 27 gennaio 1881, si diplomò presso l'Accademia di commercio di Graz. Pur non disdegnando di continuare la tradizione orafa del padre Agostino, si dedicò a sviluppare i suoi poliedrici interessi culturali. Quasi un novello umanista, Gigante fu principalmente un attento cultore del folclore fiumano, spaziò dalla poesia al teatro, dall'architettura all'archeologia, dalla storia all'araldica. Queste sue passioni sono testimoniate da opere teatrali quali Lo zio d'America ed il Gianni Schicchi sino al lavoro, ancor oggi fondamentale, sul Folklore fiumano, terminato il 3 settembre del 1944, pochi mesi prima della sua tragica fine. Di chiari sentimenti italiani Gigante fu uno dei fondatori della Giovine Fiume, collaborando dal 1907 al 1910 all'omonimo periodico. Allo scoppio della prima guerra mondiale si recò in Italia ove si arruolò volontario nel regio esercito, raggiungendo il grado di capitano. Dopo la guerra, rientrato a Fiume, entrò a far parte del locale Consiglio nazionale italiano. In ogni epoca fu tra i maggiori propugnatori dell’italianità di Fiume e sostenne attivamente nel 1919 l’impresa di D’Annunzio. Dopo l’annessione di Fiume all’Italia, dal 1930 al 1934, ne divenne il podestà. Sempre spinto dalla sua volontà di salvaguardare in ogni modo l'italianità di Fiume, Gigante rimase in città sostenendo lo sforzo bellico tedesco. Nonostante gli eventi drammatici della guerra non cessò la sua attività di studioso. Alla fine di aprile del 1945, all'approssimarsi dell'evacuazione di Fiume da parte delle truppe tedesche e della conseguente occupazione dei partigiani titini, Gigante mise in salvo la sua famiglia ma si rifiutò di abbandonare la città. Fu così che nella notte del 3 maggio, mentre i tedeschi si andavano ritirando, venne prelevato da alcuni agenti della polizia segreta jugoslava. Il 4 maggio fu visto nelle strade di Fiume per l'ultima volta scortato da partigiani slavi, solo più tardi si seppe che, insieme ad altri dieci soldati italiani, fu ucciso dai partigiani slavi a colpi di mitra e di baionetta a Castua (località che dista circa 12 chilometri da Fiume). In seguito alle appassionate e precise indagini del presidente della Società di studi fiumani, Amleto Ballarini, si è riusciti ad identificare con certezza la fossa comune, in cui le spoglie di Riccardo Gigante e degli altri sventurati giacciono ancora senza degna sepoltura.
Krechich, Natale via (Scardona, 1857 - Zara, 1938). Politico dalmata, si batté con abilità diplomatica per difendere l’italianità della Dalmazia. Laureatosi in giurisprudenza a Graz, tornò ad operare nella sua città nativa. Deputato alla Dieta provinciale dalmata sotto l’impero austroungarico, per oltre quarant’anni consigliere comunale di Zara, si oppose ai nazionalisti croati che volevano ridimensionare sempre più il ruolo degli autonomisti dalmati. Convinto assertore dell’italianità della Dalmazia, Krechich allo scoppio della prima guerra mondiale fu internato in Moravia dalle autorità austriache con l’accusa di alto tradimento per le sue posizioni irredentiste. Nel 1920, dopo il trattato di Rapallo che assegnava all’Italia solo la città di Zara, Krechich fu tra quelli che protestarono più veementemente. Nel 1921 fu eletto deputato nella lista dell’Unione Nazionale di Zara. Sostenne sempre con molta decisione le attività editoriali e di ricerca scientifica sull’italianità presente nella sua terra da secoli. Dal 1924 al 1929 fu preside della provincia di Zara. Nel 1933 fu nominato senatore del Regno d’Italia per la feconda attività svolta a favore della Dalmazia italiana.
Laurana, fratelli via (Francesco e Luciano).
Francesco (Aurana in Dalmazia, 1425 - Avignone, 1502). Scultore. Francesco Laurana è tra gli artisti più importanti del Quattrocento italiano ed europeo. Dopo aver lavorato al duomo di Sebenico, dal 1461 al 1467 operò in Francia alla corte di Roberto d’Angiò. Dal 1468 al 1473 fu molto attivo a Palermo e a Urbino presso i Montefeltro, i quali gli affidarono la direzione dei lavori del Palazzo ducale. Dopo il 1476 si ristabilì in Francia meridionale e precisamente ad Avignone e a Marsiglia, dove lasciò opere molto importanti nei duomi e nelle chiese delle due città. Probabilmente morì ad Avignone.
Luciano (Aurana in Dalmazia, 1420 - Pesaro 1479). Architetto affermatosi in Dalmazia e poi nella penisola italiana. A Napoli lasciò importanti opere e nel 1465 elaborò un disegno per il completamento del Palazzo ducale di Urbino. Altre opere attribuite a Laurana sono il cortile di San Giorgio nel Palazzo ducale di Mantova e il ponte della Rocca di Senigallia.
Mussafia, Adolfo via (Spalato, 1834 - Firenze, 1905). Glottologo di fama internazionale, insegnò prima letteratura italiana e poi filologia romanza all’Università di Vienna. Di sentimenti autonomistici fu eletto deputato alla Camera alta di Vienna. Durante il suo mandato Mussafia cercò di difendere la Dalmazia dalle pretese annessioniste dei croati. Dedicò la sua attività scientifica quasi interamente alla lingua italiana. Esploratore di idiomi, Mussafia dedicò nella sua opera Monumenti antichi di dialetti italiani studi molto interessanti sui dialetti napoletano, abruzzese della zona dell’Aquila e veneziano. Negli ultimi anni della sua carriera pubblicò anche un’importante grammatica della lingua italiana in tedesco.
Reiss-Romoli, fratelli via (Giorgio e Guglielmo).
Giorgio (Trieste, 1888 - Doberdò, 1917). Laureato in medicina a Vienna, nel corso del primo conflitto mondiale svolse funzioni di medico militare per l'esercito austriaco. Fatto prigioniero in Russia, una volta liberato si arruolò volontario come soldato semplice nel 1° Reggimento Granatieri del regio esercito italiano a Roma il 24 maggio 1915. Morì in combattimento esattamente due anni dopo nel vallone carsico di Doberdò meritando la medaglia d'argento al valor militare: Giorgio Reiss Romoli, da Trieste, tenente medico nel 1° Reggimento Granatieri - Nobilissima figura di patriota, esponente altissimo delle più elette virtù militari, fu costantemente il dottore benefico, l'animatore buono e sollecito dei suoi granatieri, con fede ed entusiasmo purissimo di irredento. Il 24 maggio 1917, quando già suo fratello, comandante di una compagnia dello stesso battaglione, era rimasto dappresso a lui gravemente ferito, si portava fra i combattenti pronti per l'assalto, e, con irresistibile ardore, li incitava alla radiosa via della vittoria, quando fu colpito a morte ponendo così eroicamente fine ad una vita spesa tutta per l' ideale palpitante del riscatto della terra natia. Carso (Quota 208 sud), 24 maggio 1917.
Guglielmo (Trieste, 1895 - Milano, 1961). Arruolatosi volontario nella prima guerra mondiale nell'esercito italiano, divenne capitano nel 1° Reggimento Granatieri. Nel corso della guerra venne ferito ben tre volte, tra cui una gravemente in occasione della morte del fratello Giorgio. Ottenne la Croce di guerra. Nel primo dopoguerra entrò nella Banca nazionale di credito e nel 1930 divenne presidente dell’azienda triestina elettricità, gas e acqua. Partecipò alla formazione dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (I.R.I.) e nel 1933 fondò la Società torinese esercizi telefonici (Stet). Nel 1935 andò negli Stati Uniti a dirigere l’agenzia newyorkese della Banca commerciale italiana. Nel 1942, in pieno secondo conflitto mondiale, fu arrestato dalla polizia americana perché sospettato di favorire gli interessi italiani. Tornato dopo la guerra in Italia divenne presidente della società telefonica Stet. Nel 1953 divenne presidente dell'Opera per l’assistenza ai profughi giuliani e dalmati, ed in quella veste tenne anche il discorso all'inaugurazione della Casa della bambina giuliano-dalmata il 23 gennaio 1955 nel Villaggio giuliano-dalmata di Roma. Nel 1961, dopo aver portato a conclusione la nascita della Società italiana per l’esercizio telefonico (SIP), morì improvvisamente per un malore il 25 aprile 1961 a Milano.
Salvi, Ercolano via (Spalato, 1861 - Roma, 1920). Giornalista e patriota. Capo del partito autonomista dalmata, fu il più stretto collaboratore del mirabile podestà di Spalato Antonio Baiamonti (vedi → Baiamonti, Antonio). Nel 1891 fu eletto deputato alla Dieta provinciale della Camera di commercio di Zara. Svolse un’intensa attività giornalistica sui giornali L’Avvenire, La Difesa e Il Dalmata. Nel 1915, dopo l’entrata in guerra dell’Italia, Salvi fu arrestato dalla polizia austriaca e confinato a Graz per i suoi sentimenti irredentistici. Rilasciato nel 1917, si trasferì in Italia per battersi contro il passaggio di Spalato e di gran parte della Dalmazia agli slavi, ma senza successo poiché quasi tutta la Dalmazia venne ceduta dall’Italia alla Jugoslavia col trattato di Rapallo del 1920.
Sinigaglia, Oscar viale (Roma, 1877 - 1953). Industriale. Laureato in ingegneria, fu volontario nella prima guerra mondiale dove si distinse per il suo impegno ottenendo tre medaglie al valor militare ed altri riconoscimenti, tanto che il generale Armando Diaz lo chiamò a far parte del Comando supremo. Fervente sostenitore dell'italianità di Fiume, Oscar Sinigaglia fu un attivo sostenitore dell'impresa dannunziana fornendo un importante sostegno economico per la costituzione della legione fiumana. Dopo la crisi economica del 1930 si occupò con successo della riorganizzazione della siderurgia italiana. A lui si deve la modernizzazione e l'ampliamento di quattro centri siderurgici come quello di Cornigliano (a cui venne dato il suo nome), quello di Piombino, quello di Bagnoli e infine quello di Taranto. Sinigaglia divenne presidente dell' Ilva nel biennio 1933-1934 e presidente della Finsider dal 1945 sino alla morte. In tale veste elaborò il famoso piano di risanamento e di sviluppo della siderurgia italiana che fu uno dei pilastri cardine del miracolo economico italiano degli anni Cinquanta. Gli ultimi anni della sua vita lo videro impegnato a costituire il Comitato nazionale per i rifugiati italiani, che fu fondato nel 1947 per cercare di dare una risposta all’accoglienza degli esuli. In seguito il suddetto Comitato nazionale per i rifugiati italiani si sciolse per costituirsi in ente morale con il nome di Opera per l'assistenza ai profughi giuliani e dalmati, di cui egli fu primo presidente. In questa attività benefica lo affiancava la moglie Marcella Sinigaglia Mayer, figlia del senatore Teodoro Mayer, fondatore del principale quotidiano di Trieste il Piccolo, che a sua volta fondò quel Madrinato italico che tanto si prodigò in favore dei piccoli orfani giuliani. Alla sua iniziativa sono legate molte realizzazioni collegate direttamente al Villaggio giuliano-dalmata di Roma, a partire dalla ristrutturazione dei “padiglioni”, edifici per gli operai che dovevano erigere l’Esposizione Universale del 1942 (EUR). Tale opera consentì di accogliere circa 2.000 esuli giuliano-dalmati e fu attuata grazie ad un contributo di 40 milioni di lire frutto della munificenza sua e di alcuni cittadini. Una delle realizzazioni più importanti fu l'edificazione di quella Casa della bambina giuliana e dalmata sulla via Laurentina, a cui la famiglia Sinigaglia contribuì con un assegno che copriva la metà dell'ingente cifra occorrente alla sua edificazione. Alla generosità della famiglia Sinigaglia si deve l'edificazione di un altro convitto, con entrata in via dei Sommozzatori, per ospitare le bimbe giuliane più grandicelle, sempre nel Villaggio giuliano-dalmata di Roma ove attualmente ha sede il liceo scientifico Aristotele. Oscar Sinigaglia morì a Roma il 30 giugno 1953 senza poter vedere ultimate le molte opere da lui promosse in favore degli esuli giuliano-dalmati ed in particolare quella Casa della bambina giuliana e dalmata la cui inaugurazione avvenne soltanto pochi mesi dopo, il 25 ottobre 1953.
Smareglia, Antonio via (Pola 1854, - Grado, 1929). Musicista e compositore. Smareglia iniziò a frequentare le scuole elementari a Fiume, poi a Capodistria ed infine a Pisino. A Gorizia frequentò le scuole reali inferiori; espulso per indisciplina, venne mandato dal padre a studiare alle reali superiori del Politecnico di Vienna. Nel 1872 si iscrisse al Conservatorio di Milano. Nel 1876 scrisse la sua prima opera, Preziosa. Nel 1882 uscì la sua seconda opera, Bianca da Cervia, la cui prima esecuzione ebbe luogo alla Scala di Milano ottenendo un grande successo di pubblico. La sua terza opera giovanile, Re Nala, fu rappresentata per la prima volta al teatro Fenice di Venezia nel 1887. In queste prime opere Smareglia rimase nell'ambito della tradizione operistica italiana; con l’opera successiva, il Vassallo di Szigeth, iniziò il suo percorso musicale più maturo e complesso accogliendo i nuovi spunti che la musica di Mendelssonn, Schumann, Weber e Wagner diffondeva in Europa. Ritornato in Istria nel 1894, si stabilì a Dignano dove compose la sua opera più famosa, Le Nozze Istriane. L'opera ebbe la sua prima esecuzione a Trieste nel 1895, poi a Praga e Vienna, nel 1905 a Venezia alla Fenice, presente un entusiasta Puccini. Nel 1895 Smareglia si stabilì a Trieste. La sua nuova opera, La Falena, venne rappresentata a Vienna nel 1897 e a Trieste nel 1899, ottenendo un caloroso consenso di pubblico e attirando l'attenzione dello stesso Verdi. All'apice del successo, mentre a Milano si accingeva a comporre l’opera Oceana, venne colpito da cecità, infermità che non gli impedì comunque di terminare l'opera che venne rappresentata nel 1903 alla Scala di Milano sotto la direzione del grande Maestro Arturo Toscanini. A Trieste, nel 1906, iniziò a comporre la sua ultima opera, L'Abisso, su libretto di Silvio Benco, che completò nell'autunno del 1911 nell'isolamento di Dignano. Ormai vecchio e stanco Smareglia si ritirò a passare gli ultimi anni della sua vita nella quiete di Grado dove ritrovò un po’ di serenità.
Tacconi, Antonio via (Spalato, 1880 - Roma, 1962). Avvocato e politico. Sacconi trascorse in Dalmazia l'infanzia e la prima giovinezza; si iscrisse poi all'Università di Innsbruck ove la sua spiccata personalità lo propose come uno dei capi riconosciuti degli italiani di Dalmazia che frequentavano l'università austriaca. Antonio Tacconi si convinse sempre più che fosse suo dovere lottare per l'italianità della sua terra natale. Il suo desiderio, come quello di tanti altri dalmati, venne però vanificato dal trattato di Rapallo del 1920 con cui, alla dissoluzione dell'impero austroungarico si assegnava alla Jugoslavia tutta la Dalmazia ex-veneta ad eccezione della città di Zara e dell'isola di Lagosta. Una delle conseguenze del trattato fu l'esodo di gran parte dalmati italiani da Spalato, Traù, Sebenico, Ragusa e dalle altre località della Dalmazia. Tacconi scelse invece di rimanere a Spalato e di fondare la Lega Culturale Italiana. Per questa sua attività ottenne la nomina di senatore del Regno d'Italia. Nonostante l'ambito riconoscimento Antonio Tacconi continuò a rimanere nella sua Spalato alla guida della minoranza italiana vessata dal neo costituito Regno di Jugoslavia. Con l'annessione della Dalmazia al Regno d'Italia durante la seconda guerra mondiale (1941), Tacconi si trovò spesso in contrasto con la politica adottata dal governo di Roma nei confronti dell’etnia slava. Con la sconfitta dell’Italia Tacconi dovette lasciare Spalato nel settembre 1943 dopo l’arrivo delle truppe jugoslave per recarsi a Trieste, ma anche lì nel maggio del 1945 fu raggiunto dalla polizia segreta jugoslava che lo arrestò e lo rispedì a Spalato con l'accusa di alto tradimento. La cittadinanza però, memore dei suoi tanti meriti, gli dimostrò compatta la propria solidarietà, cosa che gli evitò di fare la triste fine di tanti altri dalmati. Antonio Tacconi perse però ogni suo bene e fu espulso. Si ritrovò così all'età di sessantasei anni esule a Roma dove continuò a impegnarsi in favore dei suoi connazionali, riuscendo a far riordinare presso la biblioteca del Senato la Raccolta dalmata Cippico-Bacotich. Solamente la morte, che lo colse il 20 gennaio del 1962 nel Villaggio giuliano-dalmata di Roma, dove viveva in una modesta abitazione, pose fine alla sua inesausta opera a favore della propria gente.
Tivaroni, Carlo via (Zara, 1843 - Venezia, 1906). Politico e patriota. Fu un’eminente figura del Risorgimento e può esserne considerato il primo storico. Giunto in Italia per compiere gli studi superiori, Tivaroni appena diciassettenne nel 1860 raggiunse Garibaldi a Napoli e nel 1861 combatté a Civitella del Tronto contro la resistenza borbonica. Nel 1863 si laureò a pieni voti in legge all’Università di Bologna. Nel 1864 si arruolò nella banda di Egisto Bezzi costituitasi nel bresciano per penetrare nel trentino austriaco, ma il moto insurrezionale fallì e Tivaroni tornò quindi a Milano per riprendere il suo lavoro di vice segretario comunale. Nel 1867 fu tra i cinquecento combattenti garibaldini di Mentana. Per la sua partecipazione alle guerre risorgimentali venne decorato con la medaglia d’argento al valor militare. Dopo le travagliate vicende risorgimentali Tivaroni si dedicò alla scrittura della storia e, dopo aver pubblicato una Storia critica della Rivoluzione francese, diede alle stampe nel giro di pochi anni la fondamentale Storia critica del Risorgimento italiano in nove volumi pubblicata a Torino dal 1888 al 1897; si tratta di un’opera che riveste un carattere di particolare importanza non solo perché è la prima organica ricostruzione del Risorgimento, ma anche perché rappresenta una sorta di testamento politico dell'autore. Carlo Tivaroni ebbe anche un’intensa vita politica, fu eletto nel 1882 al Parlamento italiano nel collegio di Padova e nel 1903 fu nominato prefetto di Teramo e poi prefetto di Verona. Ricoprì, per meriti culturali, anche la carica di provveditore agli studi di Rovigo e poi di Padova. La preoccupazione unitaria prevalse su tutto ed in nome di essa Tivaroni da intrepido volontario garibaldino finì per diventare un politico apprezzato per la dignità e coerenza agli ideali di unità nazionale. Morì a Venezia in seguito a una grave malattia respiratoria.
Ziliotto, Luigi via (Zara, 1863 - 1922). Avvocato e uomo politico. Luigi Ziliotto, dopo aver frequentato il ginnasio di Spalato, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Graz, dove fondò nel 1880 il circolo culturale Giosué Carducci, per raccogliere gli studenti italiani delle terre irredente. Tornato a Zara iniziò ad esercitare la professione di avvocato e nello stesso tempo a impegnarsi nelle file del partito autonomista dalmata. Nel 1892 fu nominato segretario della Camera di commercio zaratina. Nel 1895, con Roberto Ghiglianovich (→ vedi Roberto Ghiglianovich), Giovanni Lubin e Stefano Smerchinich, venne eletto deputato alla Dieta dalmata. Fu presidente della Lega Nazionale dal 1896 al 1898 e fondò con Ghiglianovich nel 1899 la Rivista Dalmatica. Sempre nel 1899 fu eletto podestà di Zara, nonostante fosse sospettato di attività antiaustriaca. Scoppiata la prima guerra mondiale, nel 1915 Luigi Ziliotto fu rimosso, per motivi di sicurezza, dalla carica di primo cittadino dalle autorità austriache dopo l’entrata nel conflitto dell’Italia. Vinta la guerra, fu contrario al trattato di Rapallo che dava all’Italia solo Zara e l’isola di Lagosta. Si batté fino all’ultimo contro questa decisione e fu grande sostenitore dell’impresa fiumana di D’Annunzio. Morì a Zara in seguito a una grave malattia il 5 febbraio 1922, dopo essere stato eletto per la quarta volta sindaco della città.
Fonte meravigliosa – Via di Vigna Murata – Castello della Cecchignola
Arcidiacono, Tommaso via (Spalato, 1200 - Spalato, 1268). Storico. Probabilmente nacque nel seno della illustre famiglia spalatina degli Alberti. Dimostrando attitudine agli studi fu inviato a Bologna, dove nel 1222 assistette di persona alla predicazione di san Francesco d’Assisi. Rientrato a Spalato nel 1227 divenne, grazie agli studi compiuti, notaio comunale e poco dopo canonico. Nel periodo della lotta per le investiture partecipò attivamente militando nella fazione guelfa. Fu elevato dal capitolo alla dignità di arcidiacono nonostante il parere contrario dell’arcivescovo Guncello (l’arcidiacono era un’importante figura dell'amministrazione diocesana, presente dall'antichità fino al XV secolo, specialmente nelle regioni occidentali).. Lasciò alla posterità un’opera insigne, La Historia Salonitana, che costituisce una delle fonti più autorevoli per la conoscenza del medioevo dalmata. In questa sua opera Tommaso Arcidiacono opera una distinzione fra gli slavi e i neolatini che abitavano nelle principali città della Dalmazia. Si spense a Spalato l’8 maggio 1268 e fu sepolto nella chiesa dei francescani.
Cerva, Lampridio Elio via (Ragusa, 1460 - Ombla, 1521). Letterato ed umanista dalmata; ancora giovanissimo si recò a Roma al seguito dello zio Stefano Zamagna, ambasciatore presso la curia papale di Sisto IV. Entrò ben presto nel cenacolo di Pomponio Leto e qui il suo talento poetico raggiunse un tale prestigio da fargli ottenere la corona di alloro in Campidoglio. Produsse carmi in latino ed era un fiero sostenitore dell’uso della lingua italiana a Ragusa. Fu alquanto polemico nei confronti delle lettere croate, tanto da affermarlo con questa frase Nec sapio Illyriam, sed vivo et tota latina majestate loquor. Tra le sue opere principali ricordiamo il dizionario enciclopedico in latino Lexicon, del 1480, e il poema epico De Epidauro rimasto incompiuto, che tratta delle invasioni turche del territorio raguseo. Morì nell’isolotto di Ombla vicino Ragusa.
De Micheli, Antonio via (Sebenico, 1881 - Giulianova, 1964). Giornalista e poeta. Sin da giovane iniziò a produrre studi storico-religiosi molto interessanti e ben documentati. Nel 1904 scrisse Le antiche leggende di san Francesco d’Assisi e la critica francescana degli ultimi decenni. De Micheli per lunghi anni insegnò in molte città italiane svolgendo parallelamente anche una intensa attività giornalistica. Nel 1941 pubblicò una raccolta di liriche, dove non mancano note nostalgiche e appassionate sulla Dalmazia. Si stabilì negli ultimi anni della sua vita sul litorale adriatico abruzzese, pubblicando nel 1962 un'altra raccolta di versi intitolata I segni dell’Apocalisse.
Devich, Giovanni via (Spalato, 1830 - 1906). Sacerdote, studioso di storia dalmata. Devich lasciò una vasta eredità di scoperte e di studi in campo archeologico nonché storico. A lui dobbiamo importanti ricerche sulla storia di Spalato e della chiesa locale. Devich fu molto impegnato a difendere da posizioni autonomiste l’italianità presente in Dalmazia, contrapponendosi anche aii sacerdoti croati che, secondo le sue convinzioni, avrebbero dovuto rispettare maggiormente il sentimento della romanità e le origini apostoliche della chiesa dalmata. Devich fu anche collaboratore infaticabile del comune di Spalato sotto l’amministrazione Baiamonti (vedi → Baiamonti, Antonio).
Drago, Vincenzo via (Cattaro, 1770 - Spalato, 1836). Insigne storico nato nella Dalmazia montenegrina. Studiò a Padova dove divenne un grande cultore della lingua greca e latina; tornò dopo gli anni della formazione in Dalmazia stabilendosi a Spalato. Le sue opere più importanti sono la Storia della Grecia antica in sei volumi (Padova, 1820) e Alessandro il Macedone.
Ferruzzi, Roberto via (Sebenico 1854 - Torreggia, 1934). Laureatosi in giurisprudenza, divenne avvocato ma si dedicò per tutta la vita anche alla pittura. Nel 1883 partecipò all’Esposizione di Torino con tre quadri. Fu un successo e i suoi dipinti furono acquistati subito da alcuni nobili piemontesi. Nel 1887 dipinse una mirabile madonnina che risulta riprodotta in una vasta tipologia di immagini devozionali ed ammirata tuttora in tutto il mondo. Ferruzzi dipinse fino al 1889, anno in cui morì la madre alla quale era devotissimo. Iniziò da quel momento a pubblicare saggi storici sull’italianità della Dalmazia prodigandosi per aiutare la causa degli irredenti dalmati durante le vicende del primo conflitto mondiale.
Giorgi, Nicolò Ignazio via (Ragusa,1675 - 1737). Letterato. Giorni è una delle più significative figure del mondo poetico dalmata. Scrisse in italiano, in latino e in croato. Oltre a una serie considerevole di versi compose un interessante catalogo biografico raguseo, il Viri illustres patria Ragusini. Per un periodo entrò nell’ordine dei gesuiti ma in seguito se ne distaccò. Dopo il ritorno alla vita laica scrisse un’interessante biografia su san Benedetto.
Gradi, Stefano viale (Ragusa, 1613 - Roma, 1683). Filosofo e letterato. Proveniente da un’insigne famiglia patrizia ragusea, Gradi compì a Ragusa i primi studi letterari e filosofici. Si recò appena ventenne a Roma dove completò la sua cultura nel campo scientifico, pubblicando tra le altre cose un saggio sul metodo dei peripatetici nell’indagine logica, fisica e metafisica. Ricevute arcipreture a Roma, a Ragusa e altrove, fu nominato Consultore del Sant’Uffizio per la revisione dei libri e la loro eventuale iscrizione all’Indice. Per le sue composizioni poetiche fu invitato da Cristina di Svezia a far parte dell’Accademia dell’Arcadia. Conservatore della Biblioteca Vaticana per molti anni, esercitò anche un’intensa attività diplomatica per conto del pontefice e della Repubblica ragusea. Non volle accettare la nomina di arcivescovo di Ragusa per non lasciare Roma dove vi morì il 7 maggio del 1683.
Inchiostri, Ugo via (Trieste, 1869 - 1944). Storico. Dalmata di elezione, Inchiostri fu molto apprezzato per la serietà del metodo e per la vastità della sua ricerca storiografica. Egli ha prodotto studi fondamentali sul diritto statutario adottando un metodo razionale di indagine su fonti inedite, in cui viene posta in luce l’importanza storica delle libertà municipali della Dalmazia. Tra le sue opere più importanti figurano: Per la storia degli Statuti di Sebenico (1929), Gli Statuti dalmati del Medioevo nei codici, nelle stampe e nelle opere che servono ad illustrarli (1935) e Il Comune e gli statuti di Arbe (1932).
Kobler, Giovanni via (Fiume, 1811 - 1893). Storico. E’ stato il maggiore storico fiumano dell’Ottocento. Laureatosi in giurisprudenza a Zagabria, tornò a Fiume dove nel 1835 fu nominato segretario comunale e nel 1836 entrò a far parte del consiglio patriziale fiumano. Fedele alle tradizioni autonomiste di Fiume, Kobler si distinse per la sua opera di erudito che basava la forza delle sue convinzioni sulla raccolta e la corretta interpretazione dei documenti. La sua opera di ricerca pluriennale fu pubblicata postuma nel 1896, a cura del municipio fiumano, in un volume dal titolo Memorie per la storia della liburnica città di Fiume. Ancora oggi l’opera storica di Kobler è fondamentale per conoscere la storia di Fiume dai primordi fino al 1880.
Lorgna, Antonio Maria via (Cerea, 1735 - Verona, 1796). Scienziato e matematico. Pur essendo nato nel Veneto, fu portato piccolissimo a Knin (centro dalmata dell’interno distante circa trenta chilometri da Sebenico, in italiano Tenin) e poi educato e cresciuto a Zara. Lorgna si sentì sempre dalmata anche quando gli onori e la fama lo riportarono ad operare in Veneto. Le sue opere di matematica, di fisica e d’ingegneria gli conferirono ampia rinomanza in tutta l’Italia. Lorgna fondò a Verona la Società italiana dei quaranta, che divenne un famoso sodalizio di scienziati italiani. Si servirono della sua opera il re del Portogallo e Federico di Prussia. Lorgna insegnò matematica per circa trent’anni al Collegio militare di Verona. Nella sua luminosa carriera godette della stima e dell’amicizia dei più grandi scienziati del suo tempo come Spallanzani, Boscovich, Lavoisier e Volta. Tra le sue opere vanno ricordate Opuscola matematica et phisica (1770) e Principj di geometria astronomica-geometrica (1789).
Maddalena, Edgardo via (Zara, 1857 - Firenze, 1929). Letterato dalmata. Maddalena studiò al liceo classico di Zara e continuò i suoi studi letterari a Vienna, dove conobbe altri dalmati e istriani di sentimenti irredentisti. Prima che l’Italia entrasse in guerra, nei primi mesi del 1915 lasciò Vienna e si stabilì nella penisola per propugnare l’intervento delle armi italiane. Dopo la guerra vide naufragare le speranze di annessione della Dalmazia all’Italia, a parte la città di Zara. Decise di rimanere in Italia, prima a Torino e poi a Firenze, per riprendere la professione di insegnante di lingua e cultura tedesca. Ammiratore delle opere di Carlo Goldoni, pubblicò diversi e apprezzati saggi sul commediografo veneziano. Morì nel capoluogo toscano dopo breve malattia.
Marcocchia, Giacomo via (Signo, 1876 - Roma, 1929). Letterato e patriota dalmata, nato nei pressi di Spalato. Si dedicò all’insegnamento nelle scuole di Spalato e alla divulgazione storica. Strenuo difensore dell’italianità presente in Dalmazia si dedicò, con sapienza, a far conoscere anche la letteratura serbo-croata in Italia. Dopo la prima guerra mondiale si trasferì in Italia ottenendo per un periodo la cattedra di serbo-croato all’Istituto orientale di Napoli. Marcocchia pubblicò sulla Rivista Dalmatica un bel saggio dal titolo Lineamenti di una storia di Spalato, che doveva preludere a una storia sulla città dalmata più estesa e strutturata, quando la morte lo colse a Roma.
Marulo, Marco via (Spalato, 1450 - 1524). Umanista e letterato, conoscitore del mondo classico, si dedicò agli studi delle sacre scritture e alla poesia. Tra le sue opere letterarie più importanti in latino vi sono il De imitatione Christi, il Davidios carmen in quattordici libri, il Poematum in sette libri e il De pace Italiae carmen heroicum. Nel campo storico le sue opere più importanti sono il Regnum Dalmatiae et Croatiae gestas latinitate donata e una vita di san Girolamo. Nel 1501 scrisse anche un importante poema in versi croati, Judita, tradotto successivamente in italiano col titolo Storia di Giuditta vedova santa. Tale opera testimonia il suo impegno contro la pressione turco ottomana nei territori cristiani della Penisola balcanica. I suoi versi divennero ben presto popolari, sollecitando l’espressione artistica da parte di vari musicisti. I croati considerano Marulo, per gli scritti lasciati in croato, uno dei massimi precursori della letteratura croata di quel periodo e lo chiamano Marko Marulić.
Meldola, Andrea via (Zara, 1500 - 1563). Pittore, disegnatore e incisore. Meldola strinse amicizia con Tiziano, collaborò con Tintoretto e con Veronese alla Libreria di San Marco, dove ancora sono esposti alcuni suoi dipinti. Narratore artistico influenzato dal Parmigianino e dal Tintoretto, Meldola si rivelò abile costruttore di scene immaginifiche storico-religiose. Da ogni parte d’Europa gli giunsero numerose commissioni di opere che ora si trovano, oltre che a Venezia, a Napoli, Londra, Parigi, Berlino e a Monaco di Baviera. La sua maggiore espressione artistica la diede nel Castigo dei serpenti (Venezia, chiesa di San Sebastiano).
Millevoi, Andrea via (Roma, 1972 - Mogadiscio, 1993). Soldato. Andrea Millevoi, nato a Roma nel Quartiere Giuliano-Dalmata, aveva origini fiumane. Si diplomò come perito aziendale corrispondente in lingue estere. Il 20 giugno 1992 fu nominato sottotenente di complemento dell’Arma di cavalleria ed assegnato all’8° Reggimento Lancieri di Montebello di Roma. Il 26 giugno 1993 partiva nel contingente Italfor IBIS 2 per la missione di pace in Somalia voluta dall’Organizzazione delle Nazioni Unite. Pochi giorni dopo l’arrivo in Somalia, il 2 luglio 1993, durante un combattimento a Mogadiscio cadde colpito da un cecchino somalo, mentre cercava di rispondere all’attacco nemico per permettere ad alcuni militari feriti di trovare riparo. Per tale azione venne decorato con medaglia d’oro al valor militare.
Paravia, Pier Alessandro via (Zara, 1797 - Torino, 1857). Letterato insigne, profuse la sua opera per la maggior parte della sua vita fuori dalla terra natale. Si laureò in giurisprudenza all’Università di Padova nel 1818 e nel 1824 pubblicò la sua prima raccolta di poesie. Tradusse le Lettere di Plinio il giovane e nel 1830 fu chiamato dai Savoia alla cattedra di eloquenza dell’Università di Torino. Nel 1837 pubblicò il saggio dal titolo Le relazioni del cristianesimo con la letteratura abbinandovi la prolusione Del sentimento patrio. I suoi studi umanistici spaziarono anche nel campo della letteratura italiana, provenzale e perfino cinese. Fu nominato, per la sua attività saggistica sulla lingua italiana, accademico della Crusca. Paravia strinse intensi rapporti di amicizia con Nicolò Tommaseo (vedi → Nicolò Tommaseo) e con Antonio Rosmini. Prima di morire Paravia volle donare la sua biblioteca privata, circa diecimila volumi, alla sua città natale per promuovere la costituzione di una biblioteca pubblica. La sede della biblioteca dal 1855 al 1938 divenne la bella loggia veneta (ricostruita nel 1565 dall’architetto Girolamo Sanmicheli) in piazza dei Signori.
Patrizio, Francesco via (Cherso, 1529 - Roma, 1597). Filosofo e letterato, Patrizi frequentò da giovinetto a Cherso la scuola del bolognese Gian Francesco Petrucci. Dopo fasi alterne studiò a Ingolstadt (Germania), dove conobbe alcuni importanti esponenti del protestantesimo. Per il resto della sua vita Patrizi operò fuori dalla sua isola natia. Dal 1547 al 1554 si trasferì a Padova per perfezionare i suoi studi classici. A Venezia Francesco Patrizi compose e pubblicò i Dialoghi della historia (1560) e i Dialoghi della retorica (1562), che risultano essere le sue opere più innovatrici e lette dagli studiosi. Nel 1571 iniziò a scrivere i libri delle Discussioni peripatetiche dedicati alla filosofia aristotelica. Nel 1591 il pensiero filosofico di Patrizi trovò completa sistemazione nella monumentale Nova philosophia. Purtroppo tale opera fu condannata dalla potente Congregazione dell’Indice e Patrizi perse l’incarico appena ottenuto da papa Clemente VIII, di insegnare filosofia platonica all’Università di Roma La Sapienza. A Roma strinse amicizia con Torquato Tasso e altri umanisti. Le sue spoglie riposano a Roma nella chiesa di Sant’Onofrio accanto a quelle di Tasso.
Ragnina, Domenico via (Ragusa, 1536 - 1607). Poeta e uomo politico, fu a Firenze amico e consigliere alla corte dei Medici. Fu per sette volte rettore della Repubblica ragusea la quale, essendo indipendente da Venezia, cercava di instaurare alleanze strategiche sia con Napoli sia appunto con il Granducato di Toscana. Ragnina, influenzato dalle opere di Francesco Tetrarca, compose una raccolta di poesie pubblicata a Firenze nel 1563. Compose versi anche in lingua croata (in croato il suo nome è Dinko Ranjina) e tradusse sempre in tale lingua autori greci e latini. Ragnina rappresenta in maniera emblematica un felice incontro sul piano culturale tra il mondo italiano e quello slavo-croato.
Resti, Giunio Antonio via (Ragusa, 1755 - 1814). Letterato e politico. Studiò nel collegio raguseo dei gesuiti, dove si distinse per la sua intelligenza e preparazione. A soli diciotto anni fu ascritto al Maggior consiglio della Repubblica di Ragusa. Abile oratore e sempre arguto nelle discussioni politiche, Resti fu nominato nel 1775 senatore raguseo. Compose satire e poesie molto apprezzate. Con l’arrivo dei francesi di Napoleone, che decretarono nel 1808 la fine della Repubblica ragusea e la sua incorporazione nelle Province illiriche, Resti insieme ad altri notabili ragusei cercò di opporsi alla drastica decisione ma senza successo. Dopo la caduta di Napoleone Resti si impegnò molto per ripristinare la vecchia repubblica, inviando petizioni alle corti alleate, ma non ottenne risultati poiché gli Asburgo, dopo il congresso di Vienna (1814-1815), riuscirono a imporre il loro dominio su tutta la Dalmazia. La morte lo colse nel 1814, un anno cruciale anche per le sorti di Ragusa che passò definitivamente all’Austria.
Rogacci, Domenico via (Ragusa, 1646 - 1719). Gesuita, teologo. Domenico Rogacci fu attento e scrupoloso studioso, che pubblicò a Praga nel 1721 un’opera monumentale di teologia dogmatica e morale in cinque tomi dal titolo Introduzione all’uno necessario. Durante la sua vita si dedicò molto all’edificazione morale dei fedeli e a sensibilizzare l’opinione pubblica contro il pericolo turco. Rogacci compose molti libelli a scopo morale, religioso ed educativo. Scrisse in latino anche un’apprezzata cronaca del tremendo terremoto che colpì Ragusa alla fine del Seicento.
Seismit Doda, fratelli via (Federico e Luigi).
Federico (Ragusa, 1825 - Roma, 1893). Pur essendo nato a Ragusa, per via del lavoro del padre Dionisio Seismit che esercitò la professione forense in varie località dalmate, si considerò sempre di Zara, città natale della madre Angela Doda. Federico, rimasto orfano del padre in giovane età, studiò a Venezia, a Spalato e a Zara. Nel 1843 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di Padova, dedicandosi anche alle attività di poesia e di teatro nonché al giornalismo. Federico Seismit Doda, venuto in sospetto alla polizia austriaca per la sua attività di scrittore e le sue relazioni con Daniele Manin e Nicolò Tommaseo, venne arrestato nel 1847 a Venezia e confinato a Trieste. Coinvolto nelle sfortunate insurrezioni antiaustriache del 1848 fu costretto all’esilio per un breve periodo in Grecia. Dopo molte peregrinazioni giunse a Torino e qui riuscì ad ottenere il posto di dirigente della compagnia di assicurazioni triestina Riunione Adriatica di Sicurtà (R.A.S.). Sempre molto intensa fu la sua attività patriottica per l’unità d’Italia. Fu deputato nel Regno d’Italia alla Camera per dieci legislature. Federico Seismit Doda ricoprì altre importanti cariche pubbliche: fu sottosegretario alle finanze del governo di Agostino De Pretis; ministro alle finanze con l’interim al ministero del tesoro nel governo di Benedetto Cairoli e nel 1889 in quello di Francesco Crispi. Entrato in contrasto con Crispi per l’impopolare politica estera (stipula della Triplice Alleanza con la Germania e l’Austria-Ungheria), fu da questi esonerato. L’alleanza con gli austriaci significava il rinvio di una soluzione italiana per le terre irredente. Continuò, tuttavia, la sua funzione di deputato e di consigliere comunale di Roma, assumendo per un certo periodo la carica di assessore alle finanze della capitale. Dopo la sua morte fu eretto a Roma, in piazza Cairoli, un bel monumento recante l’epigrafe: Sui campi di battaglia, in parlamento, nei consigli della corona e del comune, strenuo propugnatore di libertà e di patria grandezza.
Luigi (Zara, 1817 - Roma, 1890). Aveva scelto ancora giovanissimo la carriera militare e si iscrisse all’Accademia militare di Wiener Neustadt. Scoppiati in Italia i moti liberali antiaustriaci del 1848, Luigi disertò e si mise a disposizione del governo provvisorio della Repubblica di San Marco. A Venezia diventò capitano della Guardia nobile. Caduta Venezia nel 1849, Luigi scrisse al fratello Federico una lettera in cui riassumeva l’impresa disperata con queste parole: La nostra disgrazia è purtroppo compiuta. Venezia è caduta (…) Noi non l’abbiamo sepolta, e poveri profughi portiamo in petto le varie scintille di libertà, ovunque ci relegherà il destino. Partecipò con valore alla seconda guerra d’indipendenza del 1859-60 come capo di Stato maggiore della divisione Toscana. Colonnello di fanteria, il 3 ottobre 1860 gli fu concessa l’onorificenza di commendatore dell’ordine militare d’Italia. Fu deputato dal 1865 al 1867. Morì a Roma dopo aver continuato a promuovere iniziative patriottiche in favore della Dalmazia e delle altre terre irredente.
Squarcina, Giovanni via (Zara, 1825 - 1891). Pittore. Squarcina, di famiglia modesta, frequentò l’istituto San Domenico di Spalato e sin da giovinetto espresse la sua passione per il disegno. Grazie a una piccola eredità la madre dispose dei mezzi per lasciare il marito, da sempre contrario ad assecondare l’inclinazione del figlio, e col figlio si recò a Venezia per iscriverlo all’Accademia delle belle arti. Squarcina poco si concesse alla pittura commerciale e per questo visse una vita di ristrettezze e sacrifici. Pittore talentuoso ma sfortunato, ebbe postuma notorietà a Venezia per il quadro L’abiura di Galileo davanti al tribunale della sacra Inquisizione Romana; un quadro di enormi dimensioni che lo impegnò per dieci anni e che non riuscì mai a vendere. Alla sua morte ben cinquantatré quadri furono venduti da suoi amici in una galleria d’arte di Trieste per pagare i debiti lasciati da questo sfortunato pittore dalmata.
Stay, Benedetto via (Ragusa, 1714 - 1801). Filosofo e poeta. Benedetto Stay compose due poemi in latino sulla filosofia cartesiana e la meccanica di Newton, Philosophiae a Benedicto Stay Ragusino versibus traditae libri sex nel 1744 e Philosophiae recentioris versibus traditae a Benedicto Stay libri decem nel 1792. Uscito dal collegio dei gesuiti di Ragusa fu particolarmente apprezzato dalla società patrizia che si radunava nella casa di Marino Sorbo, dove si conversava di arti e di lettere e si disputava di filosofia e di scienza. La sua fama giunse anche a Roma e il cardinale Silvio Valenti Gonzaga gli conferì la cattedra di eloquenza all’Università di Roma La Sapienza. La novità e la grandiosità della sua opera gli valse l’ammirazione dei contemporanei.
Valles, Spiridione via (Zara, 1884 - Bolzano, 1960). Letterato. Valles, persona colta e versatile, fu sempre molto sensibile alle vicissitudini politiche della sua terra. Scrisse novelle e romanzi importanti che ebbero autorevoli segnalazioni ed encomi per il fervore dell’ispirazione e l’uso terso e nitido della lingua italiana. Nel 1930 Valles pubblicò a Zara una bella raccolta di poesie intitolata Rimpianti e speranze. Molto tempo dopo, esule a Milano, Valles riuscì a pubblicare nel 1956 il romanzo Nelle luci dell’ombra, che ottenne un discreto successo di critica. Appassionato cultore di classici, diede una pregevole traduzione ritmica al libro II delle Odi di Orazio.
Veranzio, Antonio via (Sebenico, 1504 - Ungheria, 1573). Vescovo e consigliere imperiale, ambasciatore di Massimiliano II a Instanbul presso Selim II nel 1567. Fu elevato ad arcivescovo di Strigonia (oggi Esztergom in Ungheria). Incoronò di sua mano nel 1572 l’imperatore Rodolfo d’Asburgo. Scoprì in Transilvania molte iscrizioni romane, fu amico di re e imperatori, scambiò lettere con Erasmo da Rotterdam e Paolo Giovio. Molte sue opere sono riunite nel Codex Verantianus, stampa in calce nel secondo volume del Viaggio in Dalmazia dell’abate Alberto Fortis. Morì in terra magiara mentre attendeva ai comizi del Regno.
Visiani de, Roberto via (Sebenico, 1800 - Padova, 1878). Medico e appassionato di botanica. De Visiani si laureò in medicina all’Università di Padova nel 1822, ma la sua passione era la botanica che allora non era considerata una disciplina autonoma. Pubblicò svariati e apprezzati studi sulle piante su La Gazzetta Botanica di Ratisbona (Regensburg, Germania), tanto che il re Federico Augusto II di Sassonia, amante anche lui di tale scienza, lo volle conoscere. De Visiani era un ottimo conoscitore del latino come tutti gli allievi che uscivano dal seminario di Spalato e compose in un perfetto latino il suo libro La Flora dalmatica, pubblicato a Lipsia nel 1845. Donò molti libri alle scuole e alla biblioteca di Sebenico. Fu molto amico del Tommaseo e fu sempre molto sensibile agli ideali autonomisti dalmati. A Padova si dedicò all’opera di ampliamento dell’orto botanico, dove fece arrivare piante da ogni parte del mondo. De Visiani morì nel 1878, non prima di aver licenziato alle stampe il Catalogo delle piante del Veneto.
Zamagna, Bernardo via (Ragusa, 1735 - 1820). Studiò negli istituti ragusei dei gesuiti. Vestì l’abito talare e a diciotto anni si recò a Roma dove perfezionò la conoscenza del latino. Completò gli studi sotto la guida di Ruggero Boscovich (→ vedi Boscovich, Ruggero). Nel 1772 i suoi superiori lo inviarono a Siena. Fu coronato poeta a Roma nel 1774. Tradusse in latino l’Iliade e l’Odissea (1777). Nel campo elegiaco imitava Catullo e Properzio. Nel 1779 fu nominato da Maria Teresa d’Austria professore di greco a Milano, dove strinse amicizia con tutti i dotti dell’epoca. Nel 1783, tornato in patria, ottenne la cattedra di lingue classiche. Nel 1787 morto Boscovich a Milano, venne scelto dal senato raguseo per celebrarne le esequie e a lui fu affidata l’orazione funebre. Zamagna compose, oltre a numerose elegie in latino, anche alcune poesie in croato testimoniando così la sua attitudine al bilinguismo.
Nel resto della città di Roma
Abbà, Silvano via - zona Villa Glori - (Rovigno, 1911 - Isbuschenskij, 1942). Rimasto orfano del padre morto durante la prima guerra mondiale, studiò dapprima al Regio istituto tecnico di Rovigno e nel 1930 entrò all'Accademia militare di Modena, dove sino al 1932 frequentò il 73° corso di cavalleria. Assegnato al Reggimento Cavalleggeri Vittorio Emanuele II col grado di sottotenente, si perfezionò poi alla scuola d'applicazione dapprima a Pinerolo e poi a Roma alla scuola di Tor di Quinto. Nel 1934 fu promosso tenente. Venne prescelto tra gli atleti italiani che la scuola militare della Farnesina aveva il compito di preparare per risollevare le sorti del pentathlon moderno italiano. Ai giochi olimpici di Berlino del 1936 fu medaglia di bronzo. La sua carriera militare sul campo iniziò in Spagna dove dal giugno del 1937 al settembre del 1938 comandò una compagnia di carri leggeri. Ferito in azione si meritò la medaglia d'argento al valor militare sul campo di Tortosa, ottenendo inoltre l'Ordine militare di Savoia. Nel 1939 fu promosso al grado di capitano per meriti di guerra. Abbà, all'entrata in guerra dell'Italia nella seconda guerra mondiale, fu inviato in Russia col 4° Squadrone Savoia Cavalleria di cui era il comandante. Nei combattimenti mise in luce tutto il suo intrepido coraggio, venne insignito della medaglia d'oro al valor militare per essere stato uno splendido protagonista e aver sacrificato la vita nella carica del Savoia Cavalleria avvenuta il 24 agosto del 1942 a Isbuschenskij in Russia. Tale evento fu l'ultima carica fatta da un esercito occidentale ed è giudicata da molti una delle più belle pagine di storia della cavalleria dei tempi moderni.
Baglivi Giorgio via - zona Policlinico - (Ragusa, 1668 - Roma, 1707). Medico e scienziato. Baglivi nacque nella bella città dalmata di Ragusa col nome di Giorgio Armeno (il nostro era effettivamente di origini armene) e fu adottato da un fisico italiano all’età di quindici anni. Baglivi, trasferitosi in Italia dopo aver compiuto i primi studi a Ragusa, diede un notevole contributo alla ricerca medica scrivendo molti trattati, tra cui il famoso De tarantola – De anatomia, Morsus et effectibus Tarantulae. Divenne membro di numerose accademie e fu molto apprezzato per la sua attività scientifica in Francia e in Inghilterra. Dal 1692 insegnò alla Sapienza di Roma, pubblicando nel 1696 il De praxi medica che risulta essere un programma per la medicina del futuro, un attacco contro i sistemi medico filosofici e un richiamo ai principi ippocratici. L’edizione completa delle sue opere uscì a Lione nel 1704 col titolo Georgi Baglivi Opera Omnia.
Baiamonti Antonio via - zona piazza Mazzini - (Spalato, 1822 - 1891). Politico e imprenditore. Personalità politica tra le più importanti della Dalmazia dell’Ottocento. Baiamonti (o Bajamonti) si batté nelle file dell’autonomismo dalmata per evitare l’annessione della sua terra alla Croazia e rimanere dipendente da Vienna. Fece costruire a Spalato un sontuoso teatro contenente più di 1.500 persone e fu molto attivo anche in ambito economico. Baiamonti fu mirabile podestà di Spalato per molti anni e seppe favorire lo sviluppo economico della sua città. Pur apprezzato dall’etnia slava, Baiamonti dovette lasciare la carica di podestà nel 1880 dopo una lunga lotta politica. Deputato alla Dieta provinciale dalmata, cercò di tutelare sempre l’etnia italiana (che a Spalato era già all’epoca minoritaria) dalle limitazioni imposte dal regime austriaco. Morì nella sua città natale, dopo una grave malattia, il 13 gennaio 1891, compianto da tutta la popolazione e rispettato dai suoi avversari politici.
Bombig, Riccardo - zona periferica Cesano - via (Pola, 1913 - Scutari, 1939). Soldato. Tenente istriano dell’8° reggimento bersaglieri, si trovava in Albania a capo di una compagnia avanzata che con eccezionale coraggio manteneva salda la posizione nonostante un fuoco nemico soverchiante. Per tentare al più presto il passaggio di un ponte minato, sul lago di Scutari in Albania, dimostrando un alto valore personale tentò di superare il blocco ma fu colpito da una raffica di mitragliatrice. Gli fu conferita la medaglia d’oro al valor militare.
Boscovich, Ruggero Giuseppe - zona Parioli - via (Ragusa, 1711 - Milano, 1787). Scienziato, matematico e astronomo. Boscovich è universalmente riconosciuto un precursore della scienza moderna per aver ricondotto la materia a una forma di manifestazione di energia. Da giovanissimo lasciò Ragusa per intraprendere gli studi in Italia nel seminario dei gesuiti e nel Collegio romano. Docente e studioso, trattò diffusamente, con novità di metodo e di vedut,e problemi di matematica, di metrologia e soprattutto di astronomia. Dalla cattedra dell’università La Sapienza di Roma si adoperò per dare seguito alle nuove teorie scientifiche di Isacco Newton. Boscovich fu chiamato successivamente a insegnare scienze matematiche dapprima a Pavia e poi a Milano, dove i gesuiti del Collegio di Brera stavano erigendo un osservatorio astronomico. Nel 1773, dopo la soppressione dell’ordine dei gesuiti, alcuni amici gli procurarono una pensione e un nuovo incarico come direttore di ottica al servizio della marina militare francese. Tornato dalla Francia a Milano fu ospite del conte Remandini e nella città lombarda curò l’edizione completa dei suoi studi sull’ottica e sull’astronomia: Opera pertinentia ad opticam et astronomiam (1785). Tra le sue opere principali Teoria philosophiae naturalis radacta ad unicam legem virium in natura existentibus (Vienna, 1758) e De solis ac lunae defectibus (Londra, 1760). Morì in solitudine a Milano nel 1787 stroncato da una grave malattia.
Carli, Gian Rinaldo - zona metro Anagnina - via (Capodistria, 1720 - Cusano Dilanino, 1795). Filosofo e scienziato. Di nobile ed illustre famiglia capodistriana Carli studiò dal 1731 al 1734 nel collegio dei padri scolopi di Capodistria, che prenderà in seguito il suo nome. Successivamente studiò fisica e scienze esatte in Friuli e dal 1739 al 1742 giurisprudenza all’Università di Padova. Consigliere dell'Arsenale della Serenissima propugnò radicali riforme come la realizzazione di un modello di nave cannoniera che costituirà il nerbo della flotta veneziana. Nel 1751 lasciò il Veneto per stabilirsi a Pola. Dal 1754 iniziò la pubblicazione a Venezia della monumentale opera in quattro voluminosi tomi Delle monete e dell’istituzione delle zecche d'Italia che si concluderà nel 1760. Gravato da molti impegni istituzionali riuscì comunque a dedicarsi ai suoi amati studi: dal 1788 al 1791 pubblicò la ponderosa opera in quattro volumi Delle antichità italiche, in cui tracciò un profilo dell’Italia (compresa l’Istria e la Dalmazia) dalle origini preromane sino al XIV secolo. Dopo una vita molto intensa si spense la sera del 22 febbraio 1795 a Cusano Milanino.
Clovio, Giulio via - zona Casalotti - (Grizane, 1498 - Roma, 1578). Artista. Clovio nacque in una piccola località nei pressi di Cirquenizza sul Golfo del Quarnaro. Miniaturista di origini croate ma di cultura italiana, passò quasi tutta la sua vita in Italia. Il Vasari lo definì il più grande miniaturista dell’epoca. Pare che Clovio abbia appreso l’arte del disegno presso il monastero benedettino di Cirquenizza e che in seguito abbia studiato a Roma presso il grande pittore Giulio Romano. Le sue opere rappresentano ritratti e scene storiche dipinte con grande precisione e ricchezza di colori.
Colautti, Arturo via - zona Monteverde - (Zara, 1851 - Roma, 1914). Giornalista e scrittore. Ultimo di quattro figli Arturo Colautti trascorse l’adolescenza a Zara, studiò nel ginnasio locale e successivamente si dedicò agli studi di scienze politiche e geografiche nelle Università di Vienna e Graz. Tornato a Zara si dedicò all’attività giornalistica scrivendo per i giornali spalatini L’Avvenire e La Difesa e per la testata zaratina Il Dalmata. Politicamente schierato con gli autonomisti, nel 1880 subì una dura aggressione da parte di militi filocroati. Dopo l’amaro episodio Colautti decise di recarsi in Italia. A Milano riprese l’attività giornalistica affiancata a quella di traduttore. Nel 1885 lo troviamo a Napoli dove assunse per molti anni la funzione di direttore del Corriere del Mattino. Colautti scrisse anche dell’ottima letteratura pubblicando i romanzi Fidelia (1884), Il figlio (1890) e Nihil (1890), oltre a raccolte di poesie e libretti per musica. Allo scoppio della prima guerra mondiale Colautti prese subito parte alle iniziative interventiste; per rendere più incisiva la sua azione si trasferì a Roma, dove morì improvvisamente per problemi cardiaci il 9 novembre 1914, senza aver potuto vedere l’entrata nel conflitto dell’Italia. La sua salma fu tumulata nel cimitero del Verano.
Dallapiccola, Luigi via - zona Ostia, Castel Fusano - (Pisino, 1904 - Firenze, 1975). Musicista e compositore. Nato a Pisino d’Istria quando ancora regnava l’Austria, è considerato oggi uno dei più importanti compositori del Novecento. Dallapiccola fu il primo ad usare l'atonalità e può essere considerato uno dei pionieri della musica dodecafonica in Italia. Pur frequentando il liceo a Pisino Luigi Dalla piccola coltivò la sua passione per la musica prendendo lezioni di piano a Trieste. Nel 1924 presso il Conservatorio di Firenze si perfezionò nello studio del piano. Durante questo periodo di studio nascevano già le sue prime composizioni: canti su testi del poeta Biagio Marin (1924-26), quattro canti Della mia terra su testi di canzoni popolari istriane e La Canzone del Carnaro dall’omonimo poema di Gabriele D’Annunzio (1930). Nel 1931, ottenuto il diploma di composizione, incominciò ad insegnare presso il Conservatorio Luigi Cherubini a Firenze. In questo periodo diede alla luce diverse composizioni, fra cui i Cori di Michelangelo (1933-35), l'opera Volo di Notte (1938) tratta da una novella di Antoine de Saint-Exupery e, spinto dalle leggi razziali emanate in Italia, i Canti di Prigionia. Dopo la seconda guerra mondiale Dallapiccola viaggiò ed insegnò in svariati paesi. L’ultima sua opera di grande importanza fu l'Ulisse (1960-67), definito da Dallapiccola ”il risultato di tutta la mia vita”. Dallapiccola morì il 19 febbraio 1975 a Firenze.
De Castro, Vincenzo via - zona Trionfale - (Pirano, 1808 - Milano, 1886). Professore di estetica e letteratura. De Castro fu allontanato dalla cattedra dell’ateneo di Padova dalla polizia austriaca per le sue idee liberali nel 1848. Si stabilì a Milano dopo i moti antiaustriaci facendo il giornalista politico dove riuscì a pubblicare nel 1853 il Corso di Estetica tenuto all’Università di Padova. Perseguitato nuovamente dovette cercare asilo in Piemonte. Divenne quindi preside e nel 1859 pubblicò il Gran Dizionario Corografico dell’Europa compilato con ordine, lessico e metodo, un’opera ricca di dati statistici, geografici, storici ed economici di migliaia di località, paesi e città italiane ed europee.
De Leva, Giuseppe via - zona Appia, Largo Colli Albani - (Zara, 1821 - Padova, 1895). Storico. Di sentimenti autonomistici dalmati fu più incline allo studio e alla ricerca storica che non alle dispute politiche. Dopo i moti del 1848 a Venezia, si trasferì a Padova dove gli fu affidata la cattedra di storia. De Leva fu l’iniziatore di un metodo d’indagine nuovo applicato allo studio della storia moderna. Di lui si ricorda una storia ben documentata sulla figura del grande imperatore Carlo V dal titolo Carlo V in correlazione all’Italia, pubblicata nel 1863 a Venezia in cinque volumi.
Filzi, Fabio via - zona Balduina - (Pisino, 1884 - Trento, 1916). Nato a Pisino da una famiglia roveretana, si laureò in giurisprudenza. Il giovane avvocato venne però arruolato, allo scoppio della prima guerra mondiale, nell’esercito austriaco da cui disertò per combattere da volontario nel Regio esercito italiano. Inquadrato come sottotenente nella compagnia comandata dal tenente Cesare Battisti del battaglione Vicenza, ricevette l’ordine di occupare a quota 1.765 metri il Monte Corno. Fatto prigioniero dagli austriaci il 10 luglio 1916, fu condotto a Trento dove venne processato e condannato a morte per alto tradimento insieme al trentino Cesare Battisti. La condanna venne eseguita il 12 luglio 1916 nel Castello del Buon Consiglio tramite impiccagione. Per il suo eroico sacrificio gli fu assegnata la medaglia d’oro al valor militare con la seguente motivazione: Nato e vissuto in terra italiana irredenta, all’inizio della guerra fuggì l’oppressore per dare il suo braccio alla Patria, e seguendo l’esempio del suo grande maestro Cesare Battisti, combatté da valoroso durante la vittoriosa controffensiva in Vallarsa nel giugno-luglio 1916. Nell’azione per la conquista di Monte Corno comandò con calma, fermezza e coraggio il suo plotone, resistendo fino all’estremo e soccombendo solo quando esuberanti forze nemiche gli preclusero ogni via di scampo. Fatto prigioniero e riconosciuto, prima di abbandonare i compagni, protestò ancora contro la brutalità austriaca e col nome d’Italia sulle labbra, affrontò eroicamente il patibolo.
Frangipane, via - zona Colosseo - Nobile famiglia romana che faceva risalire la sua origine all’antica gens Anicia e collegava il suo nome a una leggendaria distribuzione di pane fatta da un suo antenato ai poveri durante una pesante carestia. I Frangipane, molto influenti a Roma e dintorni tra l’XI e il XII secolo, decaddero alquanto dopo il XIII secolo. Esisteva un ramo dalmata dei Frangipane che poi si croatizzò col nome di Frankopan. Essi dominarono l’isola di Veglia (in croato Krk) e parte del litorale quarnerino da Novi Vinodol a Buccari per molti secoli. Il destino dei suoi uomini più illustri fu quello di seguire la storia della nazione croata.
Girolamo della Carità, san via - zona Via Giulia - (Stridone-Dalmazia, ca. 347 - Betlemme, 420). Sacerdote e dottore della Chiesa. Uomo di grande cultura letteraria, compì a Roma tutti gli studi e qui fu battezzato; rapito poi dal fascino di una vita di contemplazione, abbracciò la vita ascetica e partì per l’Oriente dove visse da eremita nel deserto di Calcide. Qui perfezionò la sua conoscenza del greco, iniziò lo studio dell'ebraico e trascrisse codici e opere patristiche. Tornato a Roma nel 382 divenne segretario e consigliere di papa Damaso I; alla sua morte Girolamo lasciò Roma e intraprese un lungo pellegrinaggio che lo portò a Betlemme, dove rimase fino alla fine della vita. La preparazione letteraria e la vasta erudizione consentirono a Girolamo la revisione e la traduzione di molti testi biblici: un prezioso lavoro per la Chiesa latina e per la cultura occidentale. Egli è l’autore della Vulgata, la traduzione della bibbia in lingua latina che per secoli ha rappresentato il testo ufficiale della Chiesa e della liturgia cattolica. Girolamo dimostrò anche l'importanza e la validità della letteratura cristiana, divenuta una vera cultura ormai degna di essere messa confronto con quella classica: lo fece componendo il De viris illustribus, un'opera in cui presentò le biografie di oltre un centinaio di autori cristiani. Per i suoi studi legati all'antichità è considerato il patrono degli archeologi.
Luxardo fratelli via, (Nicolò e Pietro) - zona via Tiburtina, Grande Raccordo Anulare -.
Nicolò (Zara, 1886 - mare di Zara, 1944). Industriale e politico. Luxardo sin da giovane assunse il governo dell’azienda di famiglia produttrice del rinomato liquore dalmata “maraschino”. Il maraschino Luxardo ottenne nel 1904 a St. Louis (Stati Uniti) il massimo riconoscimento di qualità: la medaglia d’oro, l’unica fino a quel momento conferita a una ditta europea. Scoppiata la prima guerra mondiale Nicolò Luxardo abbandonò Zara, allora sotto l’Austria, per recarsi a Roma dove avrebbe potuto svolgere un’attività di propaganda per l’italianità della Dalmazia. Nel maggio 1915 si arruolò nelle Fiamme bianche del 20° Cavalleggeri di Roma. Con l’arruolamento nell’esercito italiano Luxardo rischiava, quale cittadino austriaco, in caso di arresto o cattura, la condanna a morte da parte delle autorità austriache essendo un disertore e un traditore. Al fronte conobbe il fiumano Riccardo Gigante (→ vedi Riccardo Gigante) e altri irredenti giuliani. Decorato con due medaglie d’argento per meriti acquisiti in battaglia fu promosso al grado di capitano. Nicolò alla fine della guerra fece ritorno a Zara per dedicarsi all’azienda e alla vita politica e sociale. Nel 1934 ricevette la massima onorificenza dell’Ordine della Corona d’Italia. Nel marzo 1939 fu eletto deputato al Parlamento italiano. Scoppiata la seconda guerra mondiale condivise le sorti di Zara e della sua gente; dopo la capitolazione italiana avvenuta l’8 settembre 1943 Luxardo si prodigò per difendere la città dalle mire croate. Rimase in città il 31 ottobre 1944 ad attendere i partigiani jugoslavi ormai vincitori che lo imprigionarono. Si seppe poi che insieme alla moglie Bianca Ronzoni fu portato da agenti slavi al largo dell’arcipelago di Zara e che entrambi vennero affogati nel novembre 1944.
Pietro (Zara, 1892 - 1944). Industriale. Pietro Luxardo fu molto attivo nella fabbrica di famiglia ma non lesinò il suo impegno per la difesa degli italiani di Dalmazia. Pietro, dopo aver terminato gli studi di ingegneria meccanica al Politecnico di Torino, tornò a Zara nel 1917 in pieno conflitto mondiale per assumere la direzione dell’azienda, visto che il fratello Nicolò aveva lasciato Zara sin dal 1915 per arruolarsi nelle file italiane. Finita la guerra fu valoroso legionario dannunziano a Fiume militando nel battaglione volontari dalmati Francesco Rismondo. Pietro divenne molto amico di D’Annunzio al quale non fece mai mancare il maraschino e quel liquore rosso che il poeta abruzzese denominò “sangue morlacco”. Tra le due guerre si dedicò di più all’attività imprenditoriale, astraendosi dalla politica. Scoppiato il secondo conflitto mondiale si arruolò e nei dintorni di Zara combatté contro i partigiani titini. Dopo l’8 settembre 1943 volle restare a Zara per dare manforte alla difesa. Il 30 ottobre fu catturato dagli jugoslavi e imprigionato. Da quel momento non si seppe più nulla di preciso sulla sua sorte. Solo nel 1946 il tribunale militare jugoslavo dichiarava che Pietro Luxardo era stato condannato a morte. Con la fine tragica dei due fratelli Luxardo si chiude una triste pagina per i dalmati italiani.
Martinuzzi, Giuseppina via - zona via Casal del Marmo - (Albona, 1844 - 1925). Educatrice e scrittrice. Divenne maestra e insegnò in molte località istriane. Trasferitasi a Trieste iniziò a frequentare circoli irredentistici e a collaborare con diversi giornali locali. Giuseppina Martinuzzi aderì al socialismo “umanitario” per difendere i diritti dei lavoratori e del sottoproletariato. Collaborò con importanti giornali di sinistra come Il Lavoratore e con l’Ordine Nuovo di Torino diretto da Antonio Gramsci. Volle però tornare, negli ultimi anni nella sua vita, nella città natale dove morì. La sua azione è ancora oggi ricordata soprattutto per le problematiche connesse al mondo della scuola.
Pietro d’Illiria san, piazza – zona Aventino - (Sabbioncello-Dalmazia, 390 ? - Roma, 450 ?). Facoltoso e influente personaggio, nella Roma antica fu conosciuto sotto i cognomina di artianus o illyricus. Scarse le notizie su di lui. Certamente Pietro illyricus era molto colto nelle lettere greche e latine; a lui vengono attribuiti alcuni importanti trattati di storia dell’epoca. Sotto il pontificato di Celestino I (422-432) fu il principale artefice della costruzione della basilica di Santa Sabina sull’Aventino. Il mosaico presente all’ingresso della navata centrale della basilica lo appella come presbyter Urbis.
Rismondo, Francesco via - piazza Mazzini - (Spalato, 1885 - ?, 1915). Patriota. Rismondo, intrepido esponente dell’irredentismo dalmata, si arruolò volontario durante la prima guerra mondiale nell’esercito italiano. Ferito in combattimento, Rismondo venne riconosciuto e giustiziato dalle autorità austriache per diserzione (essendo egli cittadino austriaco), senza pubblicazione della sentenza. D’Annunzio lo definì l’”Assunto di Dalmazia”. Gli fu conferita la medaglia d’oro al valor militare.
Romei, Romeo via - zona piazzale Clodio - (Castelnuovo di Cattaro, 1906 - mar Tirreno meridionale, 1941). Capitano di corvetta. Romei durante la seconda guerra mondiale divenne comandante del famoso sommergibile Pier Capponi, distinguendosi sin dall’inizio del conflitto per perizia e valore. Scomparve in mare assieme a tutto l’equipaggio nel basso Tirreno il 31 marzo 1941 durante una rischiosa operazione di guerra. A Romei furono conferite due medaglie di bronzo al valor militare e successivamente la medaglia d’oro.
Salata, Francesco via - zona stazione Prenestina - (Ossero, 1876 - Roma, 1944). Politico e storico. Assolti gli studi nel ginnasio superiore di Capodistria, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di Vienna. Scrisse sul Piccolo di Trieste molti articoli e nel 1909 fu eletto deputato alla Dieta provinciale istriana. Nel 1915, dopo l’entrata in guerra dell’Italia, si trasferì a Roma divenendo uno dei referenti dell’irredentismo giuliano e consigliere dei ministri Salandra e Sonnino. Salata fece poi parte della delegazione italiana per la conferenza della pace di Parigi. Si dedicò anche a un’attività intensa di studi e ricerche: Il Diritto di Trieste e l’Istria (1915), Guglielmo Oberdan (1924), Carlo Alberto inedito (1931), Il re di Roma (1934). Salata morì a Roma nel 1944.
Sauro, Nazario via - zona piazzale Clodio - (Capodistria, 1880 – Pola, 1916). Patriota. Abile capitano di mare, allo scoppio della prima guerra mondiale si portò subito a Venezia, arruolandosi volontario nella Regia marina dove ottenne il grado di tenente di vascello di complemento. Pilota su unità siluranti di superficie e subacquee, in 14 mesi partecipò a sessanta missioni di guerra, alcune delle quali rimaste memorabili tanto da meritargli, nel giugno 1916, la medaglia d’argento al valor militare. Il 30 luglio 1916 era imbarcato sul sommergibile Giacinto Pullino con il quale avrebbe dovuto effettuare una incursione su Fiume; ma l'unità, a causa della forte corrente e della fitta nebbia esistente nella zona, andò ad incagliarsi sullo scoglio dell'isolotto della Galiola. Nazario Sauro fu intercettato mentre cercava di raggiungere la costa su un battellino dal cacciatorpediniere austriaco Satellit. Tradotto a Pola venne processato dal tribunale della marina austriaca di Pola per alto tradimento. Il 10 agosto 1916 salì il patibolo con sulle labbra il nome dell'Italia. Ricevette la medaglia d’oro al valor militare.
Tartini, Giuseppe Largo - zona Pincio - (Pirano, 1692 - Padova, 1770). Violinista e compositore di fama internazionale. Tartini completò a Capodistria i suoi primi studi. Nel 1710 fu inviato a Padova per compiere studi di giurisprudenza. In quegli anni iniziò a suonare il violino e a praticare l’arte della scherma. Fu implicato in numerosi duelli. Solo a partire dal 1712 si può dire che Tartini iniziò a dedicarsi interamente allo studio della musica e del violino. Nel 1721 divenne direttore dell’orchestra di Padova. Si esibì in molte località italiane e nel 1732 fu chiamato a Praga dove rimase per alcuni anni. Tornato a Padova vi fondò una rinomata scuola di musica. Ammalatosi di scorbuto, morì nel 1770. Tartini operò una doppia rivoluzione nella composizione musicale e nell’arte del violino. Compose numerose sinfonie e sonate di successo. Tra le sonate più famose ed eseguite a tutt’oggi rimane Il trillo del diavolo.
Tommaseo, Nicolò via - zona Gianicolo - (Selenico, 1802 – Firenze, 1874). Nato da una famiglia di commercianti della buona borghesia sebenicense, studiò dapprima a Spalato per poi completare gli studi giuridici presso l'Università di Padova, iniziando subito dopo a collaborare a varie gazzette venete. Nel 1823 frequentò a Rovereto la casa di Antonio Rosmini, stringendo con lui una duratura amicizia. Si trasferì poi a Milano, dove conobbe Alessandro Manzoni verso il quale nutrirà sempre una grande stima. Dal 1827 al 1834 soggiornò a Firenze chiamatovi da Giovan Pietro Vieusseux per collaborare all’Antologia che raccoglieva letterati come Capponi, Lambruschini, Ridolfi e Montaini. Durante il soggiorno fiorentino pubblicò, nel 1830, il Nuovo Dizionario de' Sinonimi della lingua italiana, destinato a diventare un punto fermo nel suo genere ed ancor oggi utilizzato. Nel 1833, decise di abbondare la Toscana per andare esule in Francia e poi in Corsica. In questo periodo diede alle stampe lo scritto politico Dell'Italia (1835), il suo primo volume di versi, le Confessioni (1836), il racconto storico Il Duca di Atene (1837) e il Commento alla Divina Commedia (1837). Nel 1839 Nicolò Tommaseo si stabilì a Venezia, intensificando il proprio impegno politico e proseguendo una frenetica produzione editoriale; ancora nel 1840 pubblicò il romanzo Fede e bellezza, scritto ad Ajaccio, cui fecero seguito i Canti popolari toscani, corsi, illirici, greci (1841-1842) e la raccolta delle lettere di Pasquale Paoli, lo sfortunato combattente per l’indipendenza corsa. Nel dicembre del 1847 fu arrestato dalla polizia asburgica per un suo veemente discorso in cui reclamava la libertà di stampa. Liberato il 17 marzo 1848, all’insurrezione del popolo veneziano fece parte del governo della Repubblica di San Marco guidata da Daniele Manin, quale responsabile per la pubblica istruzione. Dal governo dell’insorta Venezia, visto il suo spirito repubblicano, si dimise nel luglio 1848 quando fu approvata la legge di fusione col Regno di Sardegna. Dopo la caduta della repubblica veneta Nicolò Tommaseo fu costretto a rifugiarsi a Corfù per trasferirsi poi a Torino, dove rimase fino al 1857 dedicandosi alla stesura del Dizionario della lingua italiana, i cui quattro volumi apparvero nel corso del ventennio seguente. Tornò a Firenze nel 1859, conducendo un'esistenza ritirata, interamente votata allo studio, rifiutando anche la nomina a senatore del regno; qui morì nel 1874.
Varisco, Antonio via - zona piazzale Clodio - (Zara, 1927 - Roma, 1979). Esule da Zara, frequentò l’istituto Nicolò Tommaseo di Brindisi insieme a molti giovani esuli giuliano-dalmati. Arruolatosi nell’arma dei carabinieri, giunto al grado di tenete colonnello fu addetto ad importanti servizi di polizia giudiziaria, ricoprendo la carica di comandante del reparto carabinieri dei servizi per la magistratura. Noto per l’umanità e il senso del dovere dimostrati nella sua carriera, in seguito alla qualificata opera contro il terrorismo veniva assassinato il 13 luglio 1979 dalle Brigate Rosse durante un agguato. Gli fu assegnata la medaglia d’oro al valor civile.
Vergerio, Pier Paolo via - zona Trionfale - (Capodistria, 1498 – Tubinga, 1565). Discendente da una famiglia di antica nobiltà, si laureò in legge all’Università di Padova nel 1524, esercitando poi l’attività di notaio. Nel 1526 sposò Diana Contarini che però morì l’anno successivo. Dopo l’immatura morte della moglie, sentì sensibile al richiamo religioso e prese i voti ecclesiastici. In questa nuova veste fece una rapida carriera svolgendo una frenetica attività soprattutto nei paesi tedeschi per cercare di indurli a rientrare nell’alveo del cattolicesimo. Nel 1536 diventò vescovo di Modrussa e poco dopo di Capodistria. Dopo i continui contatti con i protestanti, tra cui lo stesso Martin Lutero, e lo studio dei documenti sul confronto politico-ecclesiastico tra cattolici e protestanti, cominciò però ad accettare alcune idee riformiste. Lo stesso fece suo fratello Gianbattista, a quel tempo vescovo di Pola. Non appena i due cominciarono a diffondere le idee protestanti e, addirittura, a metterle in pratica, vennero naturalmente indagati dall'Inquisizione. Nel 1549, dopo la morte del fratello, probabilmente avvelenato, Vergerio non sentendosi più al sicuro si trasferì in Svizzera nei Grigioni. A Roma scattò allora il processo che si concluse per Vergerio con la perdita del seggio capodistriano. Nelle file dei protestanti Vergerio fu dapprima pastore e dal 1553 consigliere del duca di Württemberg a Tubinga. A lui va il merito di aver introdotto anche negli scritti protestanti la grafia latina in luogo della gotica, sino ad allora prevalente. Inoltre ebbe un ruolo rilevante nella diffusione del protestantesimo in Istria, dove stava prendendo piede grazie anche alle opere di Mattia Flaccio Illirico. A Vergerio si debbono una miriade di scritti, principalmente di carattere polemico, alcuni dei quali sono raccolti nell’Opera adversus papatum (Tubinga, 1563), che risultano importanti soprattutto dal punto di vista dello studio della diffusione del protestantesimo e delle posizioni antiromane in ambito europeo nel XVI secolo.
Visintini, Mario via - zona Casalotti - (Parenzo, 1913 - Negfarit, 1941). Visintini ottenne la qualifica di sottotenente pilota nel 1936. Nel 1937 partecipò volontario alla guerra civile spagnola, distinguendosi in molte missioni aeree. Nel 1940 fu promosso tenente per meriti di guerra e allo scoppio del conflitto fu inquadrato nella 412° squadriglia aerea da caccia. Dopo aver abbattuto numerosi aerei nemici in combattimento tra il 1940 e il 1941, fu promosso capitano per meriti di guerra. Scomparve a Nefgarit (Eritrea) per incidente di volo. Gli furono conferite la medaglia d’argento al valor militare “sul campo”, la medaglia di bronzo “sul campo” e infine la medaglia d’oro alla memoria.
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